Folzano - (in dial. Folsà, in lat. Infultiani).
A formarne il fulcro fu probabilmente dapprima la villa di un grande signore romano di nome Felice o Fulcius, proprietario di un fondo con alcune abitazioni campagnole. Ma forse il nome potrebbe derivare dalla denominazione latina «Fundus infulcianus» donde poi venne il nome Fulcianus. Nel qual caso si può pensare significhi fondo incuneato in un fitto bosco. La "villula" infatti doveva sorgere in una spianata in mezzo ai folti boschi e foreste che attorniavano Brescia da Roncadelle a Castenedolo e doveva essere un luogo di quiete solenne rotto dai latrati dei cani e dalle grida dei cacciatori o dai sonnolenti incitamenti dei contadini ai buoi al lavoro dei campi. Vi venne trovata nel 1867 una lapide con la scritta «Iovi O.M. Sac. Minicia» e un'ara dedicata a Minerva, già reperita nel 1777, vicino alla cascina Pontevica.
La località assunse maggiore importanza quando venne tracciata la strada cremonese o regale che, partendo da porta Cremona o Matolfa, si dirigeva appunto verso la pianura percorrendo il territorio di Folzano, per piegare poi su l'attuale S. Zeno seguendo poi, press'a poco, lo stesso tracciato della statale Brescia-Cremona. Di questo tratto di strada, abbandonato nel Medioevo, rimasero e rimangono ancora tracce. La leggenda vuole che lungo essa fossero passati i S.S. Faustino e Giovita.
Col nome di Falciano è nominato in un documento del 1077. Fece parte per secoli del demanio pubblico e poi del territorium civitatis che con diploma del 15 luglio 1037, l'imperatore Corrado II donava al vescovo di Brescia.
Nell'alto medioevo il territorio appartenne in parte per donazione longobarda, all'abbazia di Nonantola. Gli abitanti si riunirono presto in Vicinia, comprendente per qualche tempo l'Aspes e che fini con regolare tutta la vita della zona. Era compreso nelle Chiusure della prima quadra di S. Alessandro. Vicino alla città, Folzano fu più volte, come nel 1435, nel 1483 ecc. disturbato da passaggi di truppe nemiche.
Religiosamente Folzano dipese dalla Cattedrale, assieme a tutte le chiese delle Chiusure. Il Capitolo provvIde a mandare un sacerdote per le necessità religiose della parrocchia.
Non sappiamo a quale data risalisse la prima chiesa costruita in luogo. Certo molto prima dell'istituzione del beneficio. Quando verrà demolita, nel 1765, verranno scoperti due antichi dipinti raffiguranti l'uno la B. Vergine con il Bambino e l'altro S. Antonio Abate e S. Rocco con la scritta «Mateus et Bertolinus de Savoldis, die 16 mensis septembris MCCCCI». Altri dipinti più antichi vennero scoperti sotto di quelli nominati. Di un ampliamento della chiesa abbiamo notizia nel 1510.
Il vescovo mons. Domenico Bollani, in visita pastorale il 29 aprile 1566, trovava la parrocchia dotata di soli tre piò di terra, o poco più, e di livelli del valore di 12 lire pianet, mentre la popolazione gliene aveva assicurati 28 e per questo il parroco dichiarava di essere pieno di debiti. Nonostante tale povertà dal 1595 al 1605 venivano compiuti dal capomastro Andrea Rizzi nuovi restauri alla chiesa parrocchiale su iniziativa del parroco Domizio Zilioli che, a ricordo del fatto, poneva sulla facciata della chiesa stessa una lapide. La vecchia chiesa aveva quattro altari: il maggiore dedicato a S. Silvestro papa; due nei lati della navata dedicati: l'uno alla Resurrezione di N.S. e l'altro alla Concezione di M.V., ed un quarto più oltre verso la porta, dove sorge il campanile, dedicato alla Madonna del Rosario. Il 6 dic. 1463 era stato istituito, per testamento di tale Bonomo q. Zeno de Castellani il beneficio parrocchiale il cui patronato fu affidato alla Vicinia e ai discendenti di testatori. La vita religiosa continuò tranquilla per lunghi secoli ravvivata dall'attività di due pie associazioni molto diffuse in quel tempo: la Scuola del SS. Sacramento, che il vescovo Bollani trovò fiorente, e, più tardi, la Scuola del S. Rosario.
Il 25 marzo 1745 venne posta la prima pietra della nuova chiesa di cui aveva eseguito il disegno il capomastro Giovan Battista Galli e per iniziativa soprattutto del parroco don Giacomo Staffoni. Il tetto venne posto nel 1753, la sagrestia costruita nel 1754. Completata nel 1755, l'anno seguente venne decorata da Gasparo Camì per la quadratura, Domenico Rossi e Felice Pasquelli per gli stucchi, Antonio Ferretti per le figure. L'orologio venne realizzato dal parroco don Passirani. Sembra al Cappelletto che per l'architettura il Galli abbia adottato lo schema adottato dal Corbellini per la parrocchiale di Paitone. «Ne ripete, scrive il Cappelletto, puntualmente i moduli negli sganci, nelle lesene e nella vela a spicchi sopra il presbiterio. Una campatella con due cappelle laterali più basse della cornice, precede il vano centrale dominato da un cupolino senza tamburo, retto da quattro arconi a sgancio e poi viene subito il presbiterio. L'insieme risulta così asimmetrico, ma non senza armonia. La facciata è semplice, quasi austera e risente di quelle semplificazioni molto comuni negli archetti del secondo '700». «L'architettura dell'interno - scrive Giorgio Nicodemi - è chiarissima nell'armonica impostazione della cupola poggiante sui quattro piloni e nella distribuzione delle diverse parti. La luce che scende dal lanternino, quella che penetra dalle finestre aperte sulla cappella dell'altare maggiore, e sulla facciata, si posa calma su ogni parte e dà rilievo così alle incorniciature degli stucchi, come al sobrio muoversi dei pilastri che sono distribuiti variamente sulla navata. La freschezza candida degli stucchi, anche se oggi non si delinea più nel colore originario dello sfondo, sale sulle pareti con un senso preciso e sicuro per la fattura larga e accurata che spesso ritrova accenni non privi di una certa grandiosità decorativa». Sono del Ferretti gli altorilievi raffiguranti la Resurrezione ed il Battesimo di Gesù, nelle pareti destra e sinistra ai lati interni, della porta principale della Chiesa, come suoi sono le figure di S. Domenico e di S. Caterina all'altare di destra, di S. Gioacchino e di S. Anna all'altare di sinistra, ed ancora le figure di S. Silvestro e di altri Santi e Sante ai lati dell'altar maggiore. Particolarmente bello l'altare dedicato alla Concezione che è occupato da una tela ad olio raffigurante la Vergine Immacolata e S. Giuseppe, che ha tutte le qualità di una discreta copia ispirata da qualche dipinto di G.B. Piazzetta, forse esistito nella chiesa. Dello stesso Ferretti è la statua della Madonna di cui i Folzanesi sono devotissimi e che venne collocata il 30 giugno 1759. Ma l'opera di maggior pregio è la pala di G.B. Tiepolo, raffigurante l'imperatore Costantino battezzato da S. Silvestro papa anch'essa esposta il 30 sett. 1759. È opera decantata dalla critica d'arte.
La chiesa venne arricchita continuamente in seguito di paramenti, addobbi ecc. e più volte restaurata, specie nel 1864. In tale anno, il 4 novembre venne anche consacrata dal vescovo Verzeri. Pavimentata di nuovo nel 1876, venne decorata nel 1930 da Gezio Cominelli e dai figli Lodovico e Antonio. L'esterno venne rifatto nel 1945. Nuovi restauri ed abbellimenti vennero apportati nel 1964, dal parroco don Pasquale Zanotti.
Le opere parrocchiali si svilupparono specie dal 1952 quando don Costanzo Comensoli dava inizio alla costruzione di un cinema-teatro parrocchiale e di un circolo ACLI, completati poi dal suo successore don Pasquale Zanotti. Questi provvedeva alla costruzione di un'ala dell'oratorio con sale di adunanza, di catechismo, ecc.
Il luogo del cimitero in comune con S. Zeno, il 13 sett. 1971, veniva benedetto da mons. Pietro Gazzoli.
Accanto alla parrocchiale venne costruita nel sec. XVIII una chiesetta dedicata a S. Angela Merici, che venne restaurata nel 1864 circa dal parroco don Minelli. Intensa anche la vita devozionale. Nel 1901 si contavano le Confraternite del S.S. Sacramento, del Rosario e del Triduo, la compagnia di S. Luigi, il Terz'Ordine francescano, la Dottrina cristiana, l'Oratorio femminile. Sebbene già fin dal 1470 gli Statuti Bresciani, accennino già ad una fornace il territorio rimase agricolo.
Fino a pochi decenni fa tra le famiglie più cospicue si segnalarono i Legnazzi, i Peschiera, i Gussago, i Torri. Più tardi sopravvennero i Vigliani, i Di Rosa, i Cocchetti, i Boroni, i Pelizzari ecc. Piccoli possidenti furono i Volpini, i Pederboni, i Bonometti, i Cavagnini, i Gussago, e i Romani.
Nel 1850 il terreno "era fertile di briade, gelsi e viti" e vi esistevano case molto belle di campagna.
Da qualche decennio accanto alle vecchie cascine, come quella proprietà del co: dott. Terzi Ottobono di Rovato, condotta dal sig. Agostino Biloni (circa 200 piò), e delle altre come la "Tesa" di proprietà Stagnoli; Tanghetti; di quelle del dott. Vergine, del dott. Negroni e dei signori Belluati sorsero industrie come: la Fornace R.D.B. che ha sede sociale a Piacenza, la Fonderia S. Zeno con centinaia di operai e la Ditta Ziliani Benedetto e Riccardo ecc.
Folzano fu comune autonomo fino a quando dal 1 gennaio 1866 venne assorbito nel Comune S. Nazaro-Mella, per poi passare a quello di Brescia.
Cfr. Antonio Fappani, Enciclopedia Bresciana, Edizioni La Voce del Popolo, Brescia 1981, Vol. IV, pp.217-218. |